giovedì 2 marzo 2017

The Best for Last: MASSIMO POLIDORO PRESENTA LA SAGA DI INDIANA JONES SU STUDIO UNIVERSAL


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MASSIMO POLIDORO

e
La Saga di Indiana Jones


Su Studio Universal (Mediaset Premium DT) a partire dal 5 marzo, ogni Domenica alle 21.15, Massimo Polidoro, scrittore ed esploratore dell’insolito, indaga sui misteri storici alla base delle avventure del famoso archeologo Indiana Jones. Dall’Arca dell’Alleanza alla dea Kālī, dal santo Graal alla leggenda dei teschi di cristallo, un viaggio appassionante tra gli enigmi della storia resi celebri dalla saga.

Programmazione

I predatori dell'arca perduta – 5 marzo alle 21.15
Indiana Jones e il tempio maledetto – 12 marzo alle 21.15
Indiana Jones e l'ultima crociata – 19 marzo alle 21.15
Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo – 26 marzo alle 21.15

Episodio 1: L’arca dell’alleanza – I predatori dell’arca perduta
Nel primo film della saga di Indiana Jones, Indy e Marian (Merion) sono alla ricerca di una delle reliquie storiche più affascinanti e controverse: l’Arca dell’Alleanza. Ma è esistita davvero l’Arca? E se sì, dove si trova oggi? L’Arca dell’Alleanza viene citata per la prima volta nell’Antico Testamento. Secondo la tradizione essa conteneva, tra l’altro, le tavole con i dieci comandamenti che Dio aveva consegnato a Mosè sul Monte Sinai. Nel libro dell’Esodo l’arca viene descritta in dettaglio. Era costruita in legno d’acacia e rivestita d’oro purissimo. Anche il coperchio era d’oro e su di esso vi erano collocate due statue di angeli cherubini con le ali spiegate.Sempre secondo la Bibbia, gli ebrei la portarono con loro durante tutto il loro peregrinare nel deserto, fino a depositarla nel Tempio di Salomone a Gerusalemme. E purtroppo qui se ne perdono le tracce. L’interpretazione comune degli storici ipotizza che l’arca sia andata distrutta nel 587 avanti Cristo, quando i Babilonesi conquistarono Gerusalemme e distrussero il Tempio. Tuttavia non c’è nessuna documentazione che parli esplicitamente della distruzione dell’arca. C’è chi crede che l’arca sia stata sottratta dal Tempio prima dell’arrivo dei Babilonesi. Nel 925 avanti Cristo, il Re d’Egitto Shishak I marciò su Gerusalemme, e portò via tutti i tesori del tempio del Signore. Forse prese anche l’Arca?
Questa in effetti è proprio l’ipotesi su cui si basa il film di Indiana Jones, poiché immagina l’Arca tra i resti di Tani, l’antica capitale d’Egitto. Esistono altre possibilità. Nel 1760, James Bruce, uno dei pionieri dell’esplorazione africana, rinvenne un documento dal quale si desumeva un legame tra l’Etiopia e gli ebrei. Re Salomone infatti avrebbe avuto un figlio chiamato Menelik dalla regina etiope Saba. E secondo la leggenda, intorno al 950 avanti Cristo, Menelik rubò l’Arca dal Tempio e la condusse in Etiopia. Basandosi su questi dati, negli anni ’90 il giornalista inglese Graham Hancock ha intrapreso una ricerca dell’Arca durata due anni, che lo ha condotto nella città etiope di Axum. La comunità ebraica di Axum infatti sostiene di avere ancora in custodia l’Arca all’interno del tempio della città. Tuttavia solo al guardiano è permesso accedere alla sala dove questa è conservata. Hancock purtroppo è riuscito solo a parlare con il guardiano, senza che questi gli abbia consentito di vedere la presunta Arca. Infatti un altro dei misteri che circonda l’Arca dell’Alleanza è proprio legato ai suoi poteri. Durante la peregrinazione degli ebrei l’Arca era accuratamente nascosta alla vista e a nessuno era consentito toccarla. La Bibbia narra che ad un certo punto l’Arca sembrava star per cadere e un israelita di nome Uzzah allungò le mani per sostenerla, ma morì all’istante, come fulminato. Basandosi su questo aneddoto e sulla descrizione dell’Arca, due studiosi inglesi, Blackburn e Bennett, hanno ipotizzato che potesse trattarsi di un primitivo condensatore elettrico, con i due Cherubini a fare da polo positivo e negativo e il legno come materiale isolante. Questa ipotesi, seppur suggestiva, apre nuovi interrogativi. Come è possibile che gli antichi ebrei conoscessero le proprietà dell’elettricità? E come potevano caricare un condensatore di tale potenza? E quale utilità avrebbe mai avuto? A quanto pare i misteri legati all’Arca dell’Alleanza, per il momento sono destinati a rimanere tali. E così il suo fascino. Ma non per tutti: Indiana Jones riuscirà a trovarla e si confronterà con i suoi straordinari poteri.

Episodio 2: La sanguinaria Dea Kalì - Indiana Jones e il tempio maledetto.
Tra le terre d’oriente, l’India occupa sicuramente un posto di rilievo sul fronte dei misteri. Fachiri, santoni, culti demoniaci. A partire dal 18°secolo, quando venne colonizzata dagli inglesi, la misteriosa India ha acceso l’immaginazione di scrittori ed esploratori, facendo fiorire miti e leggende. Insomma, il luogo ideale per un esploratore dell’insolito. E naturalmente per un archeologo come Indiana Jones. La religione indiana, l’induismo, è uno dei temi principali del secondo film della saga. Il tempio maledetto, a cui fa riferimento il titolo del film, infatti è dedicato a una delle divinità più affascinanti e terrificanti del Pantheon indiano: la dea Kalì. Ma qual è la verità storica sulla dea Kalì? Davvero è una divinità così terribile e sanguinaria come viene descritta nel film? Dipende. In verità Kalì nasce come dea protettrice il cui compito è quello di combattere i demoni. La versione più accreditata della sua storia è narrata nel Devi Mahatmya (devi ma-atmia), un libro sacro indù del sesto secolo. Kalì fuoriesce dalla fronte di un altra divinità femminile, Durga, con il compito di uccidere il terribile demone Raktabija (ractabiia). Nessuno riusciva a sconfiggerlo, poiché ogni volta che una goccia del suo sangue toccava terra, da questa nasceva una nuova copia del demone. Kalì allora bevve tutto il sangue del demone e divorò tutti i suoi cloni, e finalmente lo uccise. Solo che era così furiosa e fuori controllo, che rischiava di distruggere l’intero universo. Per calmarla, il marito, Shiva, si distese in modo che Kalì gli montasse sopra. Questo gesto la quietò riportandola alla ragione. Nell’induismo moderno Kalì quindi viene venerata come dea protettrice. Ma c’è un aspetto del suo antico culto che ritroviamo nel film di Indiana Jones: il sacrificio umano. I resoconti di sacrifici umani perpetrati in nome di questa divinità sono numerosi. Nella città di Kuknur ad esempio si ritiene esista un tempio sotterraneo dedicato a Kalì, forse proprio quello che ha ispirato il film di Indiana Jones, con una lunga storia di sacrifici umani. Gli scavi archeologici per riportarlo alla luce sono stati sospesi a seguito delle proteste degli abitanti del luogo, che temono possano venire liberati gli spiriti maligni presenti nel tempio. Secondo la leggenda tra gli adoratori della dea Kalì c’era la setta dei terribili Thug. I Thug si consideravano figli della dea Kalì e facevano risalire le loro origini proprio alla sanguinosa battaglia con il demone Raktabija (ractabiia). Al di là dell’aspetto religioso, si trattava di bande dedite al brigantaggio in tutto il subcontinente indiano. Erano soliti unirsi alle carovane dei viaggiatori per conquistarne la fiducia e quindi ucciderli nel sonno per derubarli. Il loro metodo di uccisione prediletto era lo strangolamento, per il quale usavano un lungo pezzo di stoffa che si avvolgevano in vita. Come riportato nel film, i Thug furono sterminati dall’esercito inglese tra il 1830 e il 1840, a seguito dell’opera del generale William Sleeman. Le uccisioni dei Thug avevano dunque ben altri scopi che non il sacrificio religioso, ed è probabile che il loro legame al culto della dea Kalì sia in parte frutto di folclore generato dalle paure dei viaggiatori dell’epoca. Per il 1870 il culto dei Thug era completamente estinto: ma il dottor Jones scoprirà che una setta nascosta sta per tornare con i suoi terribili riti.

Episodio 3: Il santo Graal
La tradizione vuole che il sangue di San Gennaro, diventi liquido tre volte l’anno alla presenza dei fedeli. Il Santo Graal è probabilmente l’oggetto sacro più misterioso di tutta la cultura cristiana. Così misterioso che in effetti non c’è neanche accordo su che cosa sia esattamente. Alcuni studiosi hanno identificato il Graal con l’Arca dell’Alleanza o con la Sacra Sindone, o ancora con un libro, il libro della Sapienza, o con una pietra miracolosa. Altre interpretazioni propongono l’ipotesi che non sia affatto un oggetto fisico, ma solo un simbolo, di potere e conoscenza. E la ricerca del Santo Graal rappresenterebbe l’avvicinarsi dell’uomo al divino. Il Graal inteso come un calice o una coppa, come avviene nel film Indiana Jones e l’ultima crociata, si deve all’opera di Robert de Boron, autore francese che attorno al 1200 compose il poema Giuseppe d’Arimatea. La storia narrata da de Boron è anche quella ripresa nel film di Indiana Jones. Quella di Robert de Boron in effetti è la prima testimonianza nella quale al Graal viene attribuita una valenza sacra, ma non è certo la sua prima menzione. La prima apparizione scritta del Graal risale al 1190, quando morì lo scrittore Chrétien de Troyes (critien de truà), autore del romanzo: Perceval (perseval) o il racconto del Graal. Nel romanzo, un giovane di nome Perceval (perseval) lascia la sua casa per diventare cavaliere. Nel corso delle sue peregrinazioni giunge al castello del Re Pescatore, dove viene accolto. Qui è testimone di una cerimonia durante la quale una damigella porta in processione una coppa, un “graal”, che emana una luce sfavillante. Malgrado il romanzo sia rimasto incompiuto, la coppa scintillante catturò l’immaginazione di molti altri autori medioevali, e il Santo Graal diventò uno degli elementi ricorrenti del ciclo arturiano. Partendo quindi dal presupposto che il Graal sia un oggetto fisico, la domanda a cui gli studiosi cercano di dare risposta da centinaia di anni è: dov’è? Nel corso della storia sono state avanzate moltissime ipotesi sul possibile luogo dove potrebbe trovarsi il Graal. Secondo de Boron il Graal sarebbe stato portato da Gerusalemme in Inghilterra, dallo stesso Giuseppe d’Arimatea, e qui sarebbe finito in fondo a un pozzo nei pressi di Glastonbury, dove sarebbe sepolto anche Re Artù.Secondo un altro racconto, il Graal sarebbe stato trovato dai Cavalieri Templari, quando arrivarono a Gerusalemme. Lasciata la Terra Santa, i Templari lo avrebbero riportato con sé e ora si troverebbe insieme ad altri tesori, mai rinvenuti, in qualche stanza segreta del Castello di Gisors, in Francia. Un’altra meta dei Templari avrebbe potuto essere la Cappella di Rosslyn, in Scozia, che si narra nasconda il Graal nella famosa Colonna dell’Apprendista. Esistono inoltre due coppe sopravvissute fino ai giorni nostri, entrambe venerate come il Santo Graal. La prima si trova nella cattedrale di Valencia, donata nel 1437 dal Alfonso V d’Aragona. Secondo la tradizione aragonese la coppa rappresenterebbe il vero Santo Graal. La seconda si trova proprio in Italia, a Genova. La Cattedrale di San Lorenzo custodisce, sin dal tempo delle Crociate, il “Sacro Catino di Cesarea”, riportato dai crociati a seguito della conquista della città palestinese di Cesarea. Originariamente la tradizione voleva che fosse il piatto che accolse la testa di Battista, tuttavia in seguito si diffuse la credenza che si trattasse proprio del Santo Graal. Molti altri luoghi sono stati identificati come possibili custodi del Graal, ma per la sua stessa natura così effimera e sfuggente sarà difficile trovare una risposta definitiva.

Episodio 4: I teschi di cristallo
Una sfera scolpita da un unico blocco di giada. Dentro la quale si trova un'altra sfera, dentro la quale si trova un’altra sfera… Apparentemente un oggetto impossibile. Come si fa a scolpire una sfera dentro un’altra sfera? Naturalmente questa è solo l’opera di un abile artigiano. Ma si può dire altrettanto dei teschi di cristallo, alla base dell’ultimo film di Indiana Jones? Scopriamo lo insieme. Ancora una volta il dottor Jones si trova di fronte a un mistero che appassiona gli esploratori dell’insolito come me: i teschi di cristallo. Ma da chi sono stati realizzati? E come? Secondo una presunta leggenda Maya, i teschi di cristallo sarebbero 13, uno principale e 12 secondari, e quando si ricongiungeranno daranno inizio a una Nuova Era Cosmica. Ad oggi sono 8 teschi conosciuti che potrebbero avanzare la loro candidatura a far parte dei mitici 13. Tre si trovano in altrettanti musei, al British Museum di Londra, al Musée du quai Branly (mize d’ ke b-anli) di Parigi e al National Museum of Natural History di Washington. Tutti gli altri sono in possesso di privati.Ma analizziamo i fatti: teschi di cristallo fanno la loro comparsa al pubblico nella seconda metà dell’800, ma è negli anni ’60 che attraggono l’attenzione dei media, grazie a quello che potremmo considerare come il padre di tutti teschi, denominato il Teschio del Destino, The Skull of Doom. Il teschio del destino è conosciuto anche come il teschio di Mitchell-Hedges, il suo presunto scopritore. Nel suo libro Danger My Ally Edges racconta di aver trovato il teschio durante una spedizione nell’America centrale negli anni ’30. Alla morte di Hedges, nel 1959, il teschio passò alla figlia adottiva Anna, la quale aggiunse ulteriori dettagli. Anna raccontò di aver preso parte alla spedizione del padre e di esser stata lei stessa a trovare accidentalmente il teschio nel 1927 tra le rovine Maya di Lubaantun, nell’Honduras Britannico, conosciuto oggi come Belize. Per quanto affascinante, questa storia si è rivelata essere falsa. Infatti un catalogo del 1943 mostra che Hedges acquistò il teschio del destino a un’asta di Londra, pagandolo 400 sterline. Un altro fattore che ha contribuito ad aumentare il fascino e la popolarità dei teschi di cristallo è che gli vengono attribuiti poteri sovrannaturali. La stessa Anna Mitchell-Hedges, che lo ha posseduto fino alla morte nel 2007, ha dichiarato che il teschio è dotato di una forte energia positiva, ma che è anche in grado di provocare disgrazie e malattie agli increduli. Altri resoconti parlano di un alone di luce, di suoni misteriosi, della possibilità che possa muoversi da solo. Naturalmente, nessuno di questi fenomeni è mai stato documentato. Al di là dei suoi poteri rimane il mistero di come sia stato realizzato il teschio del destino. E soprattutto quando. Per diverso tempo i teschi di cristallo sono stati fatti risalire ad epoca precolombiana, realizzati dalla civiltà Maya. I Maya erano in grado di lavorare le pietre, utilizzando altre pietre e strumenti di legno e rame. Per la levigazione venivano usate delle sabbie abrasive. Tuttavia queste tecniche non avrebbero consentito la creazione di manufatti così precisi come i teschi di cristallo.
Sia i teschi di proprietà dei musei, che il teschio di Mitchell-Hedges sono stati sottoposti negli ultimi anni ad attente analisi scientifiche, con microscopio elettronico. Sono stati individuati segni di una lavorazione più moderna, con strumenti di tipo rotatorio. Questo ha portato a rivalutare l’origine dei teschi: l’ipotesi più accreditata è che siano stati realizzati nella seconda metà dell’800 e agli inizi del ‘900 in Germania, dove la produzione di falsi manufatti precolombiani era molto popolare. In particolare sia il teschio esposto a Londra, che quello di Parigi provengono dall’antiquario francese Eugène Boban, specializzato in questo genere di traffici. È possibile che sempre lui sia la fonte del teschio di Mitchell-Hedges che appare come una versione migliorata di quello di Londra. Ma perché i teschi di cristallo di Indiana Jones hanno la forma allungata? Il riferimento del film è ai crani allungati di Paracas, conservati al Museo Regional de Ica, in Perù. Come spiega Indiana Jones, l’allungamento del cranio, conosciuto in medicina come dolicocefalia, può essere indotto artificialmente nei neonati con apposite fasciature.C’è chi sostiene però, pur senza reali evidenze scientifiche, che i crani di Paracas abbiano un volume maggiore rispetto a quello di un essere umano e addirittura che presentino delle mutazioni nel DNA sconosciute nell’uomo. In altre parole saremmo di fronte al cranio di una forma di vita diversa, forse non di questa Terra. Improbabile, ma nel mondo fantastico di Indiana Jones tutto può succedere.


Be' abbiamo un appuntamento, anzi ben quattro! Non perdetevi la (re)visione di una delle più belle saghe cinematografiche di sempre!
See you soon! -Lewis

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